In una causa da me patrocinata di fronte al Tribunale di Treviso è stata resa una interessantissima Sentenza che ha avuto il pregio di chiarire due concetti molto importanti in tema di autismo e indennità di accompagnamento, per nulla scontati, soprattutto per tutti coloro che si vedono sistematicamente negare tale diritto dalle varie commissioni mediche.
L’INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO VA INFATTI RICONOSCIUTA:
ANCHE AI BAMBINI IN TENERA ETA’
ANCHE IN PRESENZA DI UN DISTURBO AUTISTICO LIEVE E Q.I. NELLA NORMA
In primo luogo è stato riaffermato il principio per cui l’indennità di accompagnamento è dovuta anche ai “bambini in tenera età” allorquando essi presentino capacità inferiori ai coetanei.
Partendo dall’ovvio presupposto che nessun bambino di tenera età, per quanto sano e correttamente sviluppato, è autonomo, il Tribunale afferma vada allora individuato il livello di dipendenza dagli altri che, diverso e più intenso rispetto a quello che caratterizza ciascun bambino di quell’età, fonda e costituisce il presupposto per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
In secondo luogo, e veniamo specificatamente all’autismo, il Tribunale di Treviso si è premurato di specificare che l’indennità di accompagnamento è riconoscibile anche di fronte ad una patologia autistica lieve e pur in presenza di un Quoziente Intellettivo perfettamente nella norma. Ciò in quanto, specifica il Tribunale, l’assenza di ritardo mentale non incide sulla disabilità necessitante l’assistenza continua abnorme.
IL CASO
A. è un bambino di 5 anni a cui è stato diagnosticato un disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico da una struttura accreditata e specializzata presso la quale è seguito dal punto di vista valutativo e riabilitativo dall’età di 3 anni.
Le osservazioni cliniche ripetute nel tempo e la somministrazione di appositi test diagnostici (in particolare la Vineland Scale) hanno rivelato che A. presenta abilità di un bambino di circa 3 anni nell’area della comunicazione, delle abilità quotidiane e della socializzazione.
Nonostante sia stato evidenziato che A., a causa del suo autismo, ha abilità e capacità in termini di autonomia, comprensione, socializzazione inferiori a quelle dei suoi coetanei, la commissione medica territoriale non ha però ritenuto di riconoscergli l’indennità di accompagnamento.
I genitori hanno allora convenuto in giudizio l’INPS proprio per ottenere il diritto a ricevere quell’indennità di accompagnamento ingiustamente negato. Ed hanno vinto la causa.
Per il Tribunale di Treviso è proprio questo divario, ossia l’incapacità di compiere gli stessi atti quotidiani di un coetaneo in ben tre settori, a fondare il diritto all’indennità di accompagnamento.
E’ invece irrilevante, chiarisce infine il Tribunale, che il quoziente intellettivo del piccolo A. sia perfettamente nella norma: egli, pur con un Q.I. adeguato alla sua età presenta comunque capacità inferiori ai pari normodotati; da tale divario deriva la necessità di assistenza continua che fonda conseguentemente il diritto all’indennità di accompagnamento.
Il ritardo menale, invece, così come altre eventuali comorbilità associate (es. epilessia) potranno, al più, incidere sulla previsione di rivedibilità della misura (di norma esclusa).
Sent.-222-2018